Giuseppe Zanzarelli

27 Giugno 1980
Quelle voci che si prendevano le mie lacrime
mentre camminavo lungo un percorso definito,
tornavo indietro, osservavo, e quelle voci erano lì,
per ogni passo una paura diversa.
Pensieri di vita giornaliera, vissuta
e che il mare ha fermato una sera di giugno,
parole impresse in polaroid senza sorrisi,
nascoste in rotaie ormai in disuso.
Voci, voci, e ancora voci, brividi
e soprattutto ricordi naufragati, corpi senza dimora,
una carcassa recuperata, ricomposta,
la mia anima che diviene la scheggia impazzita.
Quelle ali che non disegnano più il futuro,
il ticchettare della lampadine che cadenzano i respiri,
e quei resti racchiusi in bauli neri come quella notte,
in cui le stelle erano chissà dove, e faceva caldo, si respirava la morte.
E tutto attorno il silenzio di sguardi disorientati
e non trovo le parole imbrigliate in reti di rabbia,
mi siedo e mi perdo in preghiere rigonfie di dispiacere
e semino la vita in ricordo di quella sera di giugno.
E il cielo di Ustica conserva quel segreto
che soffia forte e inumidisce i volti nelle sere di scirocco,
e cade la brina, come polvere di stelle
che si mescola alla sabbia, che ancora brucia.